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Malattia professionale da uso del telefono cellulare

Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Ivrea, con sentenza del  30 marzo 2017, ha affermato sussistere nesso di causalità tra la malattia dichiarata ed accertata in capo al lavoratore (tumore benigno al nervo acustico) e l’uso per ragioni di lavoro del telefono cellulare.

Il Tribunale ha quindi riconosciuto la natura professionale della malattia stessa condannando l’Inail al relativo indennizzo nella forma della rendita in favore del ricorrente.

La mutualità prevalente

L’art. 2512 c.c., come modificato dalla riforma del diritto societario attuata con il decreto legislativo n.6/2003, ha introdotto nell’ordinamento le “cooperative a mutualità prevalente”, a cui sono riservate le agevolazioni fiscali disposte dalla legge a favore della cooperazione (art. 223 duodecies 6° co. disp. att. c.c.; art. 14 D.P.R. 29/9/1973 n. 601).
La Relazione al decreto di riforma precisava che l’espressione “mutualità prevalente” è da intendersi quale sinonimo, più compatibile con lo stile espressivo proprio del codice civile, della locuzione “costituzionalmente riconosciuta”, invece utilizzata dalla legge delega (n.366/2001).
Più prosaicamente, nei fatti ė avvenuto che il legislatore delegato ha inteso porre rimedio al marchiano errore gerarchico contenuto nella legge delega: soltanto il legislatore costituzionale, infatti, avrebbe potuto definire i tratti della <<cooperazione costituzionalmente garantita>>.
L’espressione mutualità prevalente si ricollega direttamente all’art. 45 Cost. ed a quella funzione sociale che la norma costituzionale riconosce alla sola cooperazione “a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata”, alla quale dovrebbero essere riservati i favori della legge.
Ad essa viene contrapposta la cooperazione “diversa”, da collocarsi in un’area molto vicina alle società lucrative.
La distinzione non altera però l’unitarietà del fenomeno cooperativo: tutte le cooperative debbono infatti perseguire lo scopo mutualistico, rispettare il principio democratico e la parità di trattamento nella prestazione mutualistica ed hanno nel ristorno una caratteristica ineludibile.

Condotta illecita del dipendente estranea all’ambito lavorativo e giusta causa di licenziamento

Con la sentenza 29/03/2017 n. 8132 la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento intimato ad un lavoratore  per essere stato arrestato in possesso di hashish, fatto per il quale egli aveva patteggiato la pena in sede penale.
La Corte, richiamando la propria precedente giurisprudenza sul tema dell’idoneità di condotte extralavorative a costituire giusta causa di licenziamento, ha ribadito che una condotta illecita, estranea all’esercizio delle mansioni del lavoratore subordinato, può avere un rilievo disciplinare, poichè il lavoratore è assoggettato non solo all’obbligo di rendere la prestazione, bensì anche all’ obbligazione accessoria di tenere un comportamento extralavorativo che sia tale da non ledere nè gli interessi morali e patrimoniali del datore di lavoro nè la fiducia che, in diversa misura e in diversa forma, lega le parti del rapporto di durata. Detta condotta illecita comporta la sanzione espulsiva se presenti caratteri di gravità, che debbono essere apprezzati, tra l’altro, in relazione alla natura dell’attività svolta dall’impresa datrice di lavoro ed all’attività in cui s’ inserisce la prestazione resa dal lavoratore subordinato (cfr. Cass. n. 776 del 2015).

Vizio del licenziamento in caso di tardività della contestazione – Regime sanzionatorio applicabile

DALLA CORTE DI CASSAZIONE:
La Sezione Lavoro con la Ordinanza interlocutoria n. 10159 del 21/04/2017 ha trasmesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della questione, ritenuta di massima di particolare importanza, relativa alla natura procedurale o sostanziale del vizio del licenziamento in caso di tardività della contestazione, ai fini del regime sanzionatorio applicabile ex art. 18 della l. n. 300 del 1970, come innovato dalla l. n. 92 del 2012.