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Alle Sezioni Unite le questioni su rito e tutele applicabili al socio lavoratore?

La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con l’ Ordinanza interlocutoria n. 13030 del 24/05/2017, ha rimesso al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione, ritenuta oggetto di contrasto oltre che di particolare importanza, riguardante la ricostruzione dei meccanismi estintivi del rapporto di lavoro del socio lavoratore di società cooperativa e della tutela a quest’ultimo applicabile. In particolare: a) se, in base all’attuale disciplina, tale rapporto lavorativo, nella fase estintiva, è regolato non dalle norme sue proprie, ma da quelle del rapporto associativo, e se la legittimità del recesso da quest’ultimo costituisca l’unico parametro di riferimento; b) quale sia la tutela applicabile al socio suddetto in presenza di esclusione dichiarata legittima, e se, a tale scopo, rilevi la natura sostanziale delle ragioni che conducono alla estinzione della complessa sua posizione; c) quali siano i poteri officiosi del giudice nella qualificazione di una domanda di impugnativa del licenziamento in relazione alla quale sia incontroverso che il socio lavoratore sia stato già escluso dalla cooperativa per i medesimi motivi posti a base dell’impugnato licenziamento.

INPS, istruzioni per i certificati di gravidanza online

Con la Circolare n. 82 del 4 maggio 2017, l’INPS  ha fornito istruzioni operative al personale medico per la compilazione e l’inoltro dei certificati di gravidanza online.

La stessa procedura è valida altresì per i certificati di interruzione della gravidanza.

La procedura online segue le stesse regole predisposte dall’Art. 21 del D. Lgs. 151/2000 (T.U. Maternità).

Il D. Lg. 69/2016 (c.d. Decreto Fare) aveva già evidenziato i dati essenziali da inserire nel certificato online, ovvero la diagnosi di gravidanza con l’indicazione della data presunta del parto ed il suo invio in via esclusivamente telematica.

 
Fonte: https://www.lavoroediritti.com/inps/certificati-di-gravidanza-online-inps#ixzz4hXiGrTQQ

Telecamere in azienda, serve ancora l’accordo sindacale

In tema di divieto di uso di impianti audiovisivi e di altri strumenti dai quali derivi la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, la Corte di Cassazione, sez. III penale (sentenza n.22148/2017 del 31 gennaio 2017), ha statuito che, senza il preventivo accordo sindacale o l’autorizzazione da parte della Direzione Territoriale del Lavoro, così come previsto dallo Statuto dei Lavoratori, anche dopo il Jobs Act (D. Lgv. n.151/2015) permane la disciplina sanzionatoria penale riferita all’installazione di impianti di videosorveglianza sul posto di lavoro. Anche in presenza di specifico accordo in proposito sottoscritto dai singoli dipendenti preventivamente alla installazione medesima.

Arbitrabilità delle controversie del socio lavoratore

Come noto, in materia di rapporti di lavoro, l’istituto dell’arbitrato è previsto dall’ordinamento con limitazioni di ammissibilità preordinate alla tutela della lavoratore, non essendo quindi sufficiente per addivenire ad esso, come invece previsto per la disciplina di diritto comune (al di là dei diritti indisponibili), il mero accordo delle parti.
Attualmente, nell’ordinamento italiano due sono i riferimenti normativi sull’arbitrato in ambito lavoristico: l’art. 806 comma 2 c.p.c. (frutto della riforma dell’arbitrato di cui al d. Lgs. n.40/2006), che concerne l’arbitrato rituale; gli articoli 412 ter e quater c.p.c (nel testo da ultimo sostituito dalla legge n.183/2010, c.d. Collegato Lavoro) che invece regolano l’arbitrato irrituale, appunto in materia di lavoro.
In particolare, art. 806 comma 2 c.p.c. dispone che le controversie di cui all’art. 409 c.p.c., possono essere devolute ad arbitri solo se l’arbitrato sia espressamente previsto dalla legge o dai contratti o accordi collettivi.
Nei limiti di cui sopra, pertanto, non vi sono dubbi in merito alla arbitrabilità delle liti di lavoro.
Sennonché, con specifico riferimento al settore delle cooperative di produzione e lavoro, sorge la preventiva questione di accertare se le controversie con i soci lavoratori ineriscano al rapporto sociale o, invece, a quello di lavoro.
Le soluzioni operative in punto, naturalmente, hanno stretta connessione con il problema della qualificazione del rapporto esistente tra il socio lavoratore e la cooperativa.
In passato, e cioè prima della legge n.142/2001, nessun dubbio era sollevato sulla possibilità di devolvere tutte le controversie del socio lavoratore al giudizio arbitrale, ritenendosi allora che la prestazione di lavoro era finalizzata al raggiungimento dello scopo sociale (Cass., 28 luglio 1951, n. 2188, in Giur. compl. cass. civ., 1951, 321 ss; Cass., 20 dicembre 1985, n. 6561, in Giur. it., 1987, 310 ss.; Cass., 22 luglio 1992, n. 8847, in Dejure.it).
Con l’entrata in vigore della legge n.142/2001, anche in tale ambito la situazione cambia.
Per quanto concerne la disciplina arbitrale, in base all’originaria formulazione dell’art. 5 comma 2 della legge, l’arbitrato di diritto comune trovava spazio quando la lite aveva ad oggetto il rapporto associativo; per il rapporto di lavoro, invece, si poteva fare ricorso all’arbitrato irrituale di cui egli artt. 412-ter e quater c.p.c. .
La legge n.30/2003, riscrivendo il comma in questione, ha eliminato qualunque riferimento alla disciplina dell’arbitrato, oltre, come noto, ad aver inserito i due periodi relativi all’estinzione automatica del rapporto di lavoro ed alla competenza del giudice ordinario per la “prestazione mutualistica”.
Non avendo la novella per nulla chiarito (vd. supra par. 7.2) se residua in tale settore spazio per la competenza del giudice del lavoro, gli interpreti, anche in tema di arbitrato, ancora una volta si sono divisi.
In giurisprudenza, l’adesione alla tesi della competenza societaria da dato luogo a pronunce favorevoli alla piena compromettibilità, in particolare in arbitrato societario, di tutte le controversie tra socio lavoratore e cooperativa, naturalmente previa verifica nel caso concreto della sussistenza di una valida clausola compromissoria   (cfr. Trib. Catania, 21 febbraio 2003, in Giust. civ., 2004, 519).
Al contrario, la tesi della residua competenza (anche) del giudice del lavoro per la duplicità dei rapporti del socio lavoratore, ha indotto all’applicazione del sopra citato art. 806 comma 2 c.p.c, che appunto esclude la possibilità di fare ricorso agli arbitri nelle controversie di cui all’art. 409 c.p.c., a meno che l’arbitrato non sia previsto dalla legge o dagli accordi o contratti collettivi di lavoro  (cfr. Cass., 21 agosto 2003, n. 12309; Trib. Bari, 15 febbraio 2005, in Dejure).
Preso atto di tale quadro giurisprudenziale, l’attenzione dell’interprete deve quindi concentrarsi sull’accertamento in concreto dei contenuti della clausola compromissoria inserita nello statuto sociale e, in particolare, se essa sia in grado o meno di assorbire anche le controversie di lavoro.
Ad esempio, pare pacifico che la clausola compromissoria che si riferisca alla sole controversie “societarie” tra socio e cooperativa non può in alcun modo ricomprendere anche le controversie relative allo scambio mutualistico di lavoro.
Dubbio rimane il caso della clausola statutaria che faccia invece generico riferimento a “tutte le possibili controversie” che possono sorgere tra socio e cooperativa, senza riferirsi in alcun modo alle controversie nascenti dai singoli rapporti mutualistici.
Si è in proposito suggerito che in tale evenienza le controversie relative al rapporto mutualistico possano intendersi ricomprese nella clausola soltanto se il socio ha prestato un esplicito consenso rispetto all’estensione oggettiva della clausola medesima e non soltanto quale conseguenza della mera acquisizione della qualità di socio.

Rientro anticipato dalla malattia – Circolare Inps

L’Inps, con la Circolare n.79 del 2 maggio 2017, ha fornito chiarimenti circa il rientro anticipato del lavoratore dalla malattia.

In particolare, l’Istituto ha precisato che allorché la guarigione  si verifichi anticipatamente rispetto alla prognosi rilasciata sul certificato telematico di malattia, il lavoratore  ha l’obbligo di chiedere al proprio medico la rettifica della data di fine prognosi, rappresentando ciò  un adempimento obbligatorio sia nei confronti del datore di lavoro sia nei confronti dell’INPS.