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CONTRATTO A TUTELE CRESCENTI: SI APPLICA AL SOCIO LAVORATORE?

Il Tribunale di Lodi, Sezione Lavoro, si è recentemente pronunciato sul trattamento sanzionatorio dell’esclusione e del licenziamento del socio lavoratore di cooperativa.
In particolare, con la sentenza del 13 gennaio 2020, n. 170, il giudice lombardo ha preso in esame la questione – sin qui poco considerata ma, supponiamo, destinata a divenire presto centrale nel dibattito giuridico – relativa alle tutele applicabili ai rapporti di lavoro a tempo indeterminato instaurati dal socio lavoratore a far data dal 7 marzo 2015, vale a dire dopo l’entrata in vigore del Jobs act che ha introdotto la normativa sul c.d. contratto a tutele crescenti.
Il Tribunale ha ritenuto doversi applicare alla fattispecie la tutela di diritto comune e non quella speciale, ora disciplinata appunto dal D. Lgs.23/2015, artt. 2 e 3; ed ha quindi condannato la cooperativa a riammettere al lavoro il ricorrente ed a risarcirlo con il pagamento delle retribuzioni maturate dal licenziamento sino alla effettiva riammissione al lavoro.

La decisione del Tribunale di Lodi, per quanto noto, non ha precedenti laddove nega l’applicabilità al socio lavoratore di cooperativa della nuova disciplina legale sui licenziamenti.

Di segno opposto, infatti, è sin qui stata la giurisprudenza di merito: tra le altre, Tribunale Milano sez. lav. 12/05/2017, n.412, est. Dossi; Tribunale Alessandria, 09/07/2019, n.136, est. Parentini; Corte appello L’Aquila sez. III, 03/10/2019, n.554. Pronunce che, ratione temporis,  hanno per contro applicato ai soci lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015 le tutele di cui all’art. 3 D. Lgs. 23/2015.
La Corte di Cassazione, dal canto suo, non risulta ancora essere stata investita della questione.

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Tutela reintegratoria per il socio lavoratore, la corretta impostazione del tema non sta nell’art.18 St. lav.

Una recente pronuncia del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (del 9.1.2018, pubblicata nel testo integrale alla sezione Giurisprudenza di questo portale) affronta, a nostro giudizio correttamente,  i rapporti intercorrenti tra il rapporto sociale e quello di lavoro al fine di valutare la legittimità della delibera di esclusione del socio cooperatore ed il regime giuridico conseguente.

Ripercorrendo l’evoluzione normativa e giurisprudenziale in materia, e richiamando in particolare la pronuncia a SS.UU. della Corte di Cassazione  n.27436/2017, il Tribunale campano riafferma che nei casi di impugnazione della delibera determinante l’esclusione del socio la tutela restitutoria, che consegue all’invalidazione della delibera stessa dalla quale deriva la ricostituzione sia del rapporto societario che dell’ulteriore rapporto di lavoro, è del tutto estranea ed autonoma rispetto alla tutela reale di cui all’art. 18 dello statuto dei lavoratori di matrice lavoristica.

E nel caso di specie, osserva il giudicante, avendo parte ricorrente impugnato unitamente entrambi gli atti, stante il vincolo di collegamento unidirezionale che li affascia e, soprattutto, la consequenzialità del licenziamento rispetto al provvedimento esclusivo, la disamina della delibera di esclusione deve essere preliminare.

Prima sentenza della Corte Costituzionale sul Jobs Act

“L’articolo 18” supera il vaglio di costituzionalità quanto alla natura “risarcitoria” dell’indennità dovuta dall’azienda che si rifiuti di eseguire l’ordine provvisorio di riammissione in servizio del dipendente licenziato. Indennità che va quindi restituita in caso di successiva riforma del provvedimento. Tuttavia, il datore di lavoro che non esegue l’ordine di reintegrazione provvisoriamente esecutivo, perché preferisce “scommettere” sulla sua successiva riforma, può essere messo in mora dal dipendente e andare incontro al risarcimento del danno per la mancata reintegrazione, da quando è stato emesso l’ordine a quando è stato riformato.
La puntualizzazione è contenuta nella prima sentenza sul Jobs Act della Corte costituzionale, la n. 86 depositata il 23 aprile 2018 (relatore Mario Morelli).
La Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 18, quarto comma, della legge 20 maggio 1970 n. 300 come sostituito dall’articolo 1, comma 42, lettera b), della legge 28 giugno 2012 n. 92, sollevata dal Tribunale di Trento con riferimento all’articolo 3 della Costituzione.
Nella sentenza si legge che “la concreta attuazione dell’ordine di reintegrazione non può prescindere dalla collaborazione del datore di lavoro poiché ha per oggetto un facere infungibile”. Tuttavia, l’inadempimento del datore di lavoro configura un “illecito istantaneo ad
effetti permanenti”, da cui deriva un’obbligazione risarcitoria del danno da parte del datore nei confronti del dipendente non reintegrato. La norma denunciata, quindi, non è irragionevole ma “coerente al contesto della fattispecie disciplinata” perché – spiega la Corte – l’indennità è collegata a una “condotta contra ius del datore di lavoro e non a una prestazione di attività lavorativa da parte del dipendente”.
Di qui la natura risarcitoria (e non retributiva) dell’indennità, e l’obbligo del lavoratore di restituirla qualora l’ordine di reintegrazione venga riformato. La Corte, però, ha aggiunto che “scommettere” sulla riforma dell’ordine di reintegrazione – senza eseguirlo – può essere fonte di risarcimento dei danni da parte dell’azienda. Il lavoratore, infatti, può mettere in mora il
datore di lavoro che si rifiuti di adempiere l’ordine di riassunzione provvisoriamente esecutivo.
E la messa in mora – nello speciale contesto della disciplina di favore del lavoratore – gli consentirà di chiedere all’azienda, in via riconvenzionale, il risarcimento dei danni subiti per il mancato reintegro, da quando è stato emesso l’ordine provvisoriamente esecutivo a quando è stato riformato.

(Fonte: www.cortecostituzionale.it)

Accordo Confindustria-Sindacati contro i contratti pirata


Il 28 febbraio scorso è stato raggiunto l’accordo tra Confindustria, Cgil, Cisl e Uil sul nuovo modello della contrattazione collettiva e delle relazioni industriali.

Dopo la valutazione del testo da parte dei tre sindacati, nel pomeriggio del 9 marzo sarà firmato l’accordo definitivo.
Per combattere il dumping contrattuale  da parte delle organizzazioni datoriali  e sindacali prive di rappresentanza, con condizioni economiche e normative peggiorative per i lavoratori,   si prevede in primo luogo  che venga misurata la rappresentanza anche delle associazioni datoriali che stipulano contratti nazionali.

Il testo conferma poi gli attuali due livelli contrattuali: nazionale ed aziendale (in alternativa, territoriale).                        Il contatto nazionale di categoria, in particolare,  deve individuare il trattamento economico complessivo, costituito dal trattamento economico minimo (minimi tabellari) e da tutti quei trattamenti economici (come le varie forme di welfare) considerati dal contratto nazionale comuni a tutti i lavoratori del settore. Il contratto nazionale dovrà anche incentivare lo sviluppo virtuoso della contrattazione di secondo livello, orientando le intese aziendali (o territoriali) verso il riconoscimento di trattamenti economici strettamente legati ad obiettivi di crescita della produttività, dell’efficienza, della redditività o dell’innovazione aziendale.

 

Sezioni Unite 2017 sul socio lavoratore di cooperativa

In tema di tutela del socio lavoratore di cooperativa, in caso d’impugnazione, da parte del socio, del recesso della cooperativa, la tutela risarcitoria non è inibita dall’omessa impugnazione della contestuale delibera di esclusione fondata sulle medesime ragioni, afferenti al rapporto di lavoro, mentre resta esclusa la tutela restitutoria

(Cass., sez. lav., 20 novembre 2017, n. 27436)

Licenziamento durante la malattia

Ordinanza interlocutoria n. 24766 del 19/10/2017

La Sez. Lavoro della Corte di Cassazione ha rimesso al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione, ritenuta oggetto di contrasto, riguardante il licenziamento intimato in costanza del periodo di malattia del lavoratore.

In particolare, trattasi di stabilire se il licenziamento intimato prima del superamento del periodo di comporto sia riconducibile ad un’ipotesi di nullità, ovvero di temporanea inefficacia dello stesso.

Quali sanzioni per l’omessa sorveglianza sanitaria


Al fine di assicurare uniformità nel comportamento di tutto il personale ispettivo in materia di salute e sicurezza sul lavoro, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con Lettera circolare n. 3 del 12 ottobre 2017, ha chiarito quale sia il provvedimento sanzionatorio da applicare in caso di violazioni dell’obbligo di sorveglianza sanitaria.

Tale omissione, infatti, può essere ricondotta ad almeno tre diverse fattispecie, con evidente rischio di comportamenti diversificati nei vari uffici. L’Ispettorato, pertanto, precisa che l’omessa sorveglianza sanitaria deve essere ricondotta alla violazione dell’obbligo sancito dall’art.18 comma 1 lett. c), g) e b) D. Lgv. n.81/2008:

  • nei casi in cui si debba valutare lo stato di salute del lavoratore, al fine dell’affidamento dei compiti specifici, che non dipendono dai rischi presenti nell’ambiente di lavoro, ma dalla capacità del lavoratore stesso di svolgerli;
  • in tutti i casi in cui la normativa vigente prevede l’obbligo della sorveglianza sanitaria;
  • nei casi in cui nei confronti del lavoratore soggetto a sorveglianza sanitaria non sia stato ancora espresso il giudizio di idoneità ed in sede ispettiva si riscontri che lo stesso sia adibito a quella specifica mansione.

Si ricorda, infine, che gli ispettori devono comunicare la notizia di reato all’Autorità Giudiziaria ogniqualvolta l’omessa sorveglianza sanitaria sia riscontrata in settori diversi dall’edilizia.

(Fonte: www.ilgiuslavorista.it)

Decreto del Ministero Lavoro su sgravi ai datori per gli istituti di conciliazione vita-lavoro

Il Decreto 12 settembre 2017 del Ministero del Lavoro, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, che riconosce sgravi contributivi ai datori di lavoro privati che abbiano previsto, nei contratti collettivi aziendali, istituti di conciliazione tra vita professionale e vita privata dei lavoratori è stato registrato dalla Corte dei Conti e pubblicato ieri dallo stesso Ministero del Lavoro, nella sezione “pubblicità legale” del proprio sito istituzionale.

L’Atto ministeriale, in attuazione dell’art.25 D.Lgs. n. 80/2015, definisce i criteri e le modalità di utilizzo delle risorse finanziarie, a valere sul Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi, al fine di incentivare la contrattazione di secondo livello di cui all’art. 1 L. n. 247/2007 e riconosce i suddetti benefici ai datori di lavoro del settore privato che abbiano sottoscritto contratti collettivi aziendali recanti l’introduzione di misure di conciliazione tra vita professionale e privata innovative e migliorative rispetto a quanto già previsto dai contratti collettivi nazionali di riferimento o dalla normativa vigente.

Il Decreto in commento presenta poi, nell’ordine:

  • le misure di conciliazione;
  • i criteri e le modalità di determinazione del beneficio;
  • il deposito dei contratti;
  • la presentazione delle domande di ammissione al beneficio;
  • il monitoraggio;
  • la copertura finanziaria.

(FONTE: ilgiuslavorista.it)

Lavori usuranti: modifica al Decreto per la pensione anticipata

Con il Decreto del Min. Lav. 20 settembre 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 231 del 3 ottobre, è stato modificato il Decreto 20 settembre 2011 concernente l’accesso anticipato al pensionamento per gli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti.

Viene con ciò completato quanto previsto in materia dalla Legge di stabilità 2017, la quale ha previsto:

– i lavoratori interessati, le mansioni, tutti i requisiti agevolati;

– le quote dal 2016 al 2026 per dipendenti e autonomi “impegnati in mansioni particolarmente usuranti, addetti alla cosiddetta linea catena, conducenti di veicoli adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo – notturni a turni occupati per un numero di giorni lavorativi pari o superiore a 78 all’anno; lavoratori notturni 72-77 giorni all’anno o 64-71 giorni. Sia dipendenti che autonomi;

– l’adeguamento alla speranza di vita, che non viene applicato. Le modalità di comunicazione all’Inps per ottenere il beneficio.

Tornando al decreto del 20 settembre 2017 vengono con esso in particolare stabilite le modalità e la documentazione per la presentazione delle domande.